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Babywearing: portare addosso il bambino

“Lo stai abituando male, è sempre in braccio!”

“Lascialo piangere, imparerà a stare lontano da te!”

Almeno una volta quasi ogni mamma si è sentita dire queste frasi, pronunciate da parenti, amici e conoscenti, molto spesso cercando di trasmettere presunte “abitudini” da tempi passati.

Il voler stare in braccio del bambino è, infatti, un’esigenza fisiologica da assecondare il più possibile.

Lettino, carrozzina, box, sdraietta e seggiolone fanno parte del kit obbligatorio e indiscusso.

Tuttavia spesso impongano ai neonati una notevole capacità di adattamento a condizioni innaturali.

Introduciamo, a questo proposito, la parola e il concetto di babywearing, che letteralmente significa “indossare il bambino”, ma che in italiano viene tradotta semplicemente con “portare il bambino”.

La necessità fisiologica del contatto

Secondo la biologia comportamentale il cucciolo d’uomo è un “portato attivo”, che alla nascita dispone di istinti, riflessi e comportamenti che lo predispongono a stare sul corpo dei genitori e al babywearing.

Il contatto con il corpo dei genitori fornisce al neonato sicurezza tangibile e concreta, oltre a essere primo terreno di esperienze plurisensoriali, che coinvolgono il tatto, l’olfatto, l’udito e la vista, il movimento e il ritmo, stimoli vestibolari e propriocettivi.

Si tratta, pertanto, di una condizione che favorisce la sua crescita

  • anatomica (maturazione delle anche, sviluppo della postura)
  • neurologica (sviluppo cerebrale)
  • motoria
  • linguistica
  • psichica (attaccamento, sviluppo della fiducia di base)
  • sociale.

Non dovrebbe quindi sorprendere il fatto che il bambino reclami ed esiga con più o meno veemenza queste condizioni favorevoli!

Per contro, i genitori si aspettano che il bambino sia già un adulto in miniatura: che stia tranquillamente separato da loro per la maggior parte del giorno e della notte, che mangi e dorma, che abbia ritmi precisi, che si adatti facilmente all’attrezzatura comprata appositamente per lui, che stia nella carrozzina, che dorma nella culla, che non pianga, che stia in braccio a tutti, che si autoconsoli, che si autoaddormenti.

Aspettative che non corrispondono a quelle del bambino: da qui un conflitto che fa disperdere una grande quantità di energia a entrambi.

Babywearing come soluzione

Proprio in questo contesto il babywearing, ovvero portare il bambino con un supporto adeguato, diventa un ponte che aiuta genitori e bambini a incontrarsi (e ad ascoltarsi), accettando e rispettando le aspettative di entrambi.

Su questo ponte il bambino si trova rispettato e accettato nella sua natura di “portato” e nei suoi bisogni di contatto, movimento, contenimento e legame.

Il genitore, dal canto sui, con il bambino contenuto e consolabile vicino a sé, si sente libero e rispettato nel proprio bisogno di fare anche altre cose, oltre a tenerlo in braccio.

E scopre serenamente una nuova vita: “insieme”, anziché “nonostante” il bambino.

Portare e ascoltare

Sebbene sia una pratica antica, nella cultura europea il babywearing è una modalità nuova che spesso non viene condivisa dal proprio ambiente.

«Lo vizierete!» si sentono dire i genitori che portano i loro bambini addosso.

Quindi oltre alla fatica (perché portare è faticoso), i genitori devono confrontarsi con i condizionamenti provenienti da chi dubita della loro competenza genitoriale.

Inoltre il babywearing è faticoso, non solo fisicamente, ma soprattutto a livello emotivo.

La maggioranza dei genitori di oggi è stata cresciuta con le modalità di non-contatto e di separazione precoce.

È più faticoso tenere il proprio neonato a contatto se non si è stati tenuti in braccio da piccoli.

Proprio quando si sceglie il babywearing in modo consapevole ed esplicito (con un supporto adatto), è importante ascoltare e rispettare i propri limiti fisici e psichici.

Ovviamente il babywearing ha dei limiti: non si può pensare di portare il bambino addosso e quindi con un contatto prolungato 24 ore su 24.

Nelle società tradizionali, dove il bambino sta continuamente a contatto, nessuna madre è sola, ma ha il sostegno di tutta la comunità attorno; del bambino piccolo si occupano così a volte una ventina di persone.

Nella nostra società tutto il peso invece grava sulle spalle dei genitori e spesso della madre: è indispensabile che i genitori che portano si riforniscano e si ricarichino periodicamente attingendo a delle fonti di energia e di tempo per sé.

Infine, il babywearing non è una bacchetta magica per far tacere il pianto del proprio bambino; infatti ci sono bambini che piangono molto e spesso anche se portati e nonostante abbiano dei genitori molto disponibili e attenti ai loro bisogni.

Portare è un supporto alla relazione che si basa sull’ascolto reciproco, una relazione che va impostata e calibrata individualmente per trovare la vicinanza giusta e la distanza necessaria a seconda del momento.

La pratica del portare il bambino addosso darà risultati anche nel lungo periodo: una maggiore sicurezza e autonomia del piccolo quando sarà il suo momento di “partire”, e a una fiducia più radicata dei grandi quando dovranno “lasciarlo andare”.

Fascia per il babywearing

Una volta presa la decisione di iniziare questa pratica, si passa alla scelta del supporto più adatto per genitori e bebè.

Sullo shop Merrymama trovi la fascia porta bebè con anelli (ring sling) e la fascia porta bebè lunga elastica.

Si tratta di una fascia a “coda aperta”, di cotone, con una coppia di anelli a una delle due estremità.

Questo sistema permette di portare il tuo bambino in diverse posizioni dalla nascita fino a 3 anni (15 kg circa), è regolabile e quindi può essere utilizzata sia dalla mamma, che dal papà o da chi si prende cura del bimbo.

La fascia ad anelli rappresenta un’ottima soluzione per chi cerca un portabebè di rapido e immediato utilizzo, senza dover imparare legature o nodi.

Utilizzabile anche con un neonato, risulta la fascia porta bebè ottimale per portare i bambini sul fianco in tutta comodità, perfetta quando i bambini cominciano a camminare e fanno spesso sali-scendi.

Il bambino più grande portato sulla schiena o sul fianco ha la possibilità di scoprire il mondo in una situazione di sicurezza.

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